I sogni erotici nell’antichità pagana e cristiana
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I poeti usarono i sogni erotici per illustrare le motivazioni segrete dei loro personaggi. I filosofi materialisti (Epicuro, Lucrezio) e i fisici (Ippocrate, Erofilo, Galeno) ne sottovalutarono l’importanza e Aristotele non attribuì ad essi nessun valore morale. Tuttavia, per gli autori pitagorici, i filosofi spiritualisti (Platone e i Neoplatonici) e per gli affiliati alla scuola stoica questi sogni erano un sintomo di squilibrio mentale. La loro assenza era considerata un segno di progresso nella virtù. Le emissioni notturne svilivano moralmente l’individuo, perché erano un segno che il corpo e l’anima erano confusi. Dati tali precedenti e considerate le proibizioni giudaiche in materia di purezza, i primi padri della Chiesa furono ossessionati dal problema dei sogni erotici che portavano all’eiaculazione. Il problema fu risolto da San Gregorio Magno che distinse tre tipi di 'pollutio': ex superfluitate, ex infirmitate, ex crapula, ex turpi cogitatione. Solo l’ultima tra queste era peccaminosa, ma la colpa era attribuita al peccatore con diversa gradazione, a seconda dei tre stadi del peccato: suggestione, delectatione e consensu.
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